Potrebbe suonare incredibile, ma oggi il vero business delle banche non sono i prestiti ed i mutui…ma i prodotti finanziari che vengono venduti.
Stando ad una recente indagine della FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani), le banche italiane stanno diventando sempre di più negozi finanziari.
Più della metà dei ricavi degli istituti di credito, il 50,5%, deriva dalle commissioni per la vendita di prodotti finanziari (fondi comuni d’investimento, polizze, certificati).
Solo il 49,5% deriva dall’erogazione del credito, ovvero dal margine di interesse per prestiti a famiglie ed imprese.
Tra prestare denaro a famiglie e imprese senza la sicurezza di riaverlo (i mutui tendenzialmente si fanno a 20-30 anni ed i prestiti hanno una durata media di 5-10 anni) e la vendita dei prodotti finanziari a guadagno immediato è scontato dire che le banche optino con più facilità e maggior frequenza per la seconda soluzione.
Ad esempio, eseguire un investimento in un fondo d’investimento bancario, ha 5 tipi di costi immediati e svincolati dal valore dei risultati:
1) La commissione di sottoscrizione (o “costi di entrata” o “entry fee)
2) la commissione di gestione (o “costi ricorrenti” o “commissioni di gestione”)
3) la commissione di switch (o di “variazione” da un fondo ad un altro)
4) la commissione di transazione (o “costi di eseguito”)
5) la commissione di recesso
Con tutte questo voci di “costo”, non è dunque difficile capire che qualsiasi investimento fatto con una banca tradizionale non può essere profittevole proprio per via di queste componenti negative che ammazzano i risultati.
Stando sempre alla FABI, “l’argomento è di estrema importanza perché si incrocia con quello delle indebite pressioni commerciali subite dalle lavoratici e dai lavoratori bancari, a tutti i livelli, che vengono spinti a vendere sempre di più qualsiasi tipo di prodotto allo sportello.
L’allarme è che con questa situazione possano essere venduti prodotti rischiosi e di scarso valore ai risparmiatori. In buona sostanza nuovi casi di “risparmio tradito”.
In questi casi è meglio affidarsi ad un consulente finanziario in libera professione, che saprà dunque aiutare il risparmiatore a gestire in maniera efficace i propri investimenti, con un’attenzione particolare alla componente dei costi di portafoglio, che non deve mai essere spropositata.
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